Dalla Sicilia al Nord Europa, passando per l’America: i viaggi e le storie di tre ricette per la festività
Oggi una Hanukkah senza latkes è difficile da immaginare. Eppure queste dorate frittelline a base di patate grattugiate non sono sempre state un piatto tipico di questa festa. Anzi. A dirla tutta, la stessa ricorrenza non aveva neppure, all’inizio, delle pietanze dedicate, e solo dal XIV secolo acquisì dei cibi specifici per gli otto giorni di festeggiamenti.
Le prime notizie scritte al riguardo sono firmate da Kalonymos ben Kalonymos, un rabbino di Arles che in un poema satirico del 1332 consiglia alle donne di preparare per questa ricorrenza delle “levivot grandi e rotonde, l’intera dimensione della padella”. E qui, chiaramente, non si parla di patate. Gli antenati dei latkes, infatti, sono qualcosa di molto più simile a un pancake a base di farina di grano o, come avveniva in Francia, di grano saraceno.
L’abitudine stessa di cuocere una pastella più o meno densa a base di acqua e farina su una superficie rovente è del resto alla base stessa della cucina: quando i forni ancora non si usavano, e tanto meno i fornelli, la cottura su una lastra o una pietra scaldata sul fuoco dava vita, a seconda della presenza o meno di grassi, a un pane o, appunto, a un rudimentale pancake. Sarebbe dunque questa l’origine di tutto, ma per capirne l’evoluzione è necessario seguire diverse storie. Culinarie e non solo.
Nelle inevitabili varianti ed evoluzioni degli antenati dei latkes troviamo la botta di genio degli italiani che, anche grazie alle influenze arabe successive alla Prima Crociata, al composto base iniziarono ad aggiungere latte e uova. Sempre in Italia, gli ebrei siciliani, approfittando della ricca produzione locale di latticini, avrebbero introdotto una variante decisiva e indiscutibilmente golosa come la ricotta. Scacciati dall’Isola con gli editti del 1492, gli esuli sefarditi sarebbero approdati a Roma portando con sé il loro ricco carico di tradizioni. Tra cui, naturalmente, anche quella delle frittelle di ricotta, che già allora probabilmente erano riservate alle occasioni di festa.
E qui vale la pena di aprire una parentesi. La presenza di latticini, e soprattutto di formaggi, nei latkes avrebbe un senso anche in un’ottica di rispetto delle tradizioni. Se infatti sul fritto non si discute, e il riferimento all’olio della Menorah del Tempio è un dato di fatto inconfutabile, per giustificare la presenza del formaggio in questa festa ci si deve rifare a un racconto che nel Medioevo era accettato come storico. Secondo quella che in realtà parrebbe solo una leggenda, non ci sarebbe solo l’olio tra i protagonisti della lotta tra Asmonei e Seleucidi nella liberazione del Tempio di Gerusalemme, ma anche il formaggio.
Facendo una discreta confusione tra date, popolazioni e protagonisti storici e biblici, accanto alle vicende avvenute intorno al 165 a. C. gli interpreti del tempo collocarono quelle tratte dal libro apocrifo di Giuditta, peraltro neppure accolto dai canoni ebraici. Il racconto, composto intorno al 115 a.C., si pensa inizialmente in ebraico e poi tradotto in greco, è ambientato al tempo di Nabucodonosor (605-562 a.C.) a Betulia, non meglio identificata località della Giudea. Assediata da tempo dalle truppe di Oloferne, generale assiro, la fantomatica città sarebbe stata liberata grazie a Giuditta, giovane e ricca vedova ebrea, descritta come bella e virtuosa. Compreso che i capi israeliti dopo 34 giorni di resistenza stavano per cedere, la nostra si infiltrò con l’astuzia nell’accampamento nemico. Facendo credere a Oloferne, il comandante dei nemici, di essere una traditrice del suo popolo, protetto da Dio solo finché ne avesse osservato i comandamenti, gli assicurò di essere in grado di trovarne il punto debole.
Conscia del proprio potere seduttivo, conquistò la fiducia del generale e, invitata a un suo banchetto, gli fece mangiare grandi quantità di frittelle con formaggio salato. Tanto salato da rendere necessari abbondanti quantità di vino per placare l’inevitabile sete.
Dopo averlo fatto ubriacare, la bella vedova recuperò la spada all’uomo ormai dormiente e prontamente lo decapitò. Recuperata la testa e fuggita via con il trofeo (o almeno così ci mostra l’ampia iconografia sul tema), lasciò che il resto del corpo fosse trovato l’indomani dai soldati di Oloferne che, spaventati dalla potenza della donna (e, di riflesso, del suo popolo), smontarono l’accampamento in quattro e quattr’otto e, fatto armi e bagagli, tolsero il disturbo.
I riferimenti storici di questa vicenda in realtà precedono il periodo seleucide di circa quattro secoli, ma in un’epoca in cui il testo scritto era scomparso, il racconto orale fu associato alla rivoluzione degli Asmonei e, per far quadrare i conti, a Giuditta furono attribuite parentele di vario tipo con Giuda Maccabeo, di cui a seconda dei casi diventava la zia o la figlia.
Questa digressione può essere di aiuto nel capire come il formaggio abbia incontrato l’olio e, a sua volta, come questa unione abbia trovato i favori delle comunità ebraiche dell’epoca.
A Roma, ad esempio, l’uso di preparare delle frittelline di ricotta avrebbe presto raccolto un certo successo, arricchendo l’elenco dei cibi per la festa e, insieme, sviluppandosi in nuove forme culinarie, una su tutte la cassola. Quella che ancora oggi possiamo apprezzare nei ristoranti del Ghetto come specialità ebraico-romanesca è infatti una deliziosa torta che, non a caso, viene associata anche alla festa di Hanukkah. Secondo quanto afferma lo storico Ariel Toaff nel suo Mangiare alla giudia, il nome originario sarebbe stato casciola, da “cascio” (cacio), ma anche senza approfondire le questioni filologiche, si può affermare con una certa sicurezza che questa delicata preparazione a base di ricotta di pecora contribuì allo sviluppo delle stesse frittelle da cui era partito questo racconto.
Cotta inizialmente in padella con appena un velo di olio, la cassola era adatta a essere preparata anche nelle condizioni più difficili, non necessitando in partenza neppure di un forno. Poco più sviluppata dei pancake di farina di cui si diceva in apertura, avrebbe presto viaggiato verso Nord, conquistando grazie alle migrazioni degli ebrei prima l’Italia settentrionale e poi, salendo ulteriormente, la Germania e l’Est Europa, come ricorda anche lo scrittore americano Gil Marks nella sua monumentale Encyclopedia of Jewish Food.
Tra i testimoni dei secoli passati, il rabbino Menahem Lonzano, uno studioso italiano attivo a Gerusalemme e a Costantinopoli, nel 1618 parla delle levivot al formaggio come di un piatto di Hanukkah, specificando che venivano servite anche nelle comunità sefardite. Più a Oriente, i latkes al formaggio dolce, chiamati syrniki e preparati con formaggio quark, uova, zucchero e talvolta uvetta, erano (e sono ancora) popolari in Russia, Ucraina e Polonia. A questo proposito, è interessante notare come uno dei dolci tipici delle comunità dell’Est, antenata della cheesecake made in Usa, sia la Kaesekuchen: a tutti gli effetti una cassola in crosta, con lo stesso impasto a base di formaggio fresco, zucchero e uova del dolce romano accolto da un guscio di pasta frolla.
Tornando alle frittelle, l’impiego del formaggio, per quanto giustificato dal riferimento storico (pure apocrifo), non era comunque del tutto tranquillizzante per la kasherut. Se infatti le comunità del Sud potevano contare sull’olio per la sua cottura, più si saliva a Nord più questo diventava un bene di lusso e perciò spesso sostituito dal grasso animale, in particolare di oca: lo schmaltz. Ovviamente, la commistione tra questo e il latticino non poteva essere preso in considerazione e quindi, in mancanza dell’olio, era necessario trovare un altro ingrediente da friggere.
A questo punto è facile intuire il passaggio ai latkes così come ormai sono conosciuti in tutto il mondo, tanto più ricordando come nei Paesi dell’Est, accanto alle pastelle parve a base di sola farina, esistessero già altri impasti vegetali, preparati ad esempio con ravanelli grattugiati e quindi fritti nello schmaltz. E se le patate erano ancora guardate con sospetto, per quanto giunte dalle Americhe già da qualche tempo, rivoluzioni e carestie avrebbero presto costretto le classi più povere a fare di necessità virtù, adottando nella propria dieta anche i tanto temuti tuberi. Da qui a impiegarli anche nelle frittelline di Hanukkah, il passo sarebbe stato breve. Sviluppatisi come alternativa al formaggio presso i Paesi nordici, i pancake di patata rifecero in seguito il cammino inverso, conquistando i favori degli stessi popoli del Sud e, con le migrazioni in America, delle comunità d’Oltreoceano. Dove ancora oggi i potato latkes sono quasi sinonimo di festa.
Cassola in padella
Ingredienti
500 g di ricotta di pecora
4 uova
150 g di zucchero
2 cucchiai di farina
2 cucchiai di liquore a piacere (rum scuro, cognac o Marsala dolce)
1 limone non trattato (facoltativo)
sale
olio extravergine d’oliva
Trasferire la ricotta in un colino posto sopra una ciotola e lasciarla scolare in frigo per 1-2 ore. In una ciotola, usando una frusta a mano o elettrica, sbattere i tuorli con lo zucchero fino a ottenere un composto denso e chiaro.
Aggiungere la ricotta sgocciolata alla crema di tuorli, poi unire la farina setacciata con un pizzico di sale e mescolare con cura. Montare a parte gli albumi a neve, quindi incorporarli al composto di ricotta.
Aromatizzare con il liquore o, a piacere, con la scorza grattugiata del limone. Ungere leggermente di olio una padella antiaderente a sponde alte, quindi versarvi il composto e cuocerlo sul fuoco per 15-20 minuti, con il coperchio, finché si sarà solidificato.
Voltare la cassola usando il coperchio, come se si trattasse di una frittata, e portarla a cottura in pochi minuti, finché sulla superficie si sarà formata una crosticina dorata. Servirla calda.
Latkes al formaggio
Ingredienti
500 g di ricotta
80 g di farina più quella per la lavorazione
2 uova
2 cucchiai di zucchero
1 cucchiaino di sale
olio d’oliva per friggere
Per servire:
zucchero a velo
confettura
panna acida
Lasciare scolare la ricotta in un colino posto su una ciotola per un paio di ore, per eliminare il siero, poi trasferirla in una ciotola a sponde alte. Aggiungere la farina setacciata, le uova leggermente battute a parte, lo zucchero e il sale.
Frullare gli ingredienti fino a ottenere una pastella liscia, coprirla con un foglio di pellicola da cucina e lasciarla riposare in frigo per un paio di ore. Cospargere di farina una teglia da forno, quindi farvi cadere la pastella a cucchiaiate e spolverizzarla con altra farina.
Premere leggermente le frittelle con le mani per appiattirle, poi prelevarle con una spatola e friggerle in un dito di olio scaldato in una larga padella antiaderente, voltandole una volta, per circa 2 minuti per lato.
Scolare i latkes su carta foderata con carta da cucina, poi servirli a piacere spolverizzati con zucchero a velo e accompagnati con confettura e panna acida.
Latkes di patate
Ingredienti
4 patate medie
1 cipolla
1 uovo
2 cucchiai di farina
sale
olio d’oliva per friggere
panna acida e salsa di mele per accompagnare
Pelate le patate e grattugiarle grossolanamente con una mandolina a fori grossi, trasferirle in una ciotola di acqua fredda, poi scolarle con cura. Sbucciare la cipolla e grattugiare anch’essa o tritarla finemente.
Trasferire sia le patate sia la cipolla su un canovaccio, avvolgerle con questo e strizzarle per privarle del liquido, poi trasferirle in una larga ciotola e aggiungervi l’uovo, un pizzico di sale e la farina, poi mescolare velocemente.
Scaldare abbondante olio in una padella profonda, poi raccogliere il composto alle patate con un cucchiaio e modellarlo con le mani in polpettine piatte. Farle cadere poche alla volta nell’olio caldo ma non bollente e cuocerle per pochi minuti per lato.
Scolare i latkes su carta da cucina e servirli accompagnati a piacere con panna acida e salsa di mele.
Camilla Marini è nata a Gemona del Friuli (UD) nel 1973, vive a Milano dove lavora da vent’anni come giornalista freelance, scrivendo prevalentemente di cucina, alimentazione e viaggi. Nel 2016 ha pubblicato la guida Parigi (Oltre Edizioni), dove racconta la città attraverso la vita di otto donne che ne hanno segnato la storia.
Ciao, mia Mamma faceva le frittelle di ricotta e zucchero, altro non si poteva nella mia fanciullezza.Grazie Hannukka Sameach
Bellissimo articolo, denso di storia, mitologia e tradizione e grazie per le ricette!
Chag Sameach!
Claudia
Molto interessante l’articolo.
Ho preparato la cassola in padella seguendo la sua ricetta, l’ultima sera di Hanukkah negli Stati Uniti per amici americani -buonissima e riuscitissima e non conosciuta , quindi apprezzata ancora di piu.
Grazie!!