Cultura
Papa Pio XII, le relazioni ebraico-cristiane e la storia

Un convegno internazionale all’Università Pontificia Gregoriana per parlare del Vaticano durante l’Olocausto e delle relazioni tra Chiesa e ebrei in Italia e in Europa, grazie a nuovi documenti che emergono dagli archivi

Avrà luogo nel mese di ottobre, dal 9 all’11, nell’Aula Magna dell’Università Pontificia Gregoriana un convegno importante dal titolo “Nuovi documenti dal Pontificato di Pio XII e loro significato per le relazioni ebraico-cristiane”. Si tratterà di un dialogo tra storici e teorici di massimo livello internazionale. L’obbiettivo è gettare una nuova luce sul controverso pontificato di Pio XII, nato Eugenio Maria Giuseppe Giovanni Pacelli, insignito papa nel 1939, l’anno successivo alle leggi razziali, considerato a volte un papa amico degli ebrei e inviso al nazismo, che considerava un’eresia, altre invece un papa connivente che conosceva la realtà di Auschwitz ma non cercò di fermare lo sterminio e la persecuzione.
Ma la conferenza cercherà di andare oltre il cliché, i due estremi da tifoseria da stadio, ovvero la «leggenda rosa» (Pio XII Defensor civitatis, non solo amico ma difensore e protettore dell’ebraismo) alla «leggenda nera» (il «Papa di Hitler», animato da indifferenza, se non addirittura compiacimento verso la tragedia).

Il convegno dovrebbe offrire quindi spazio semmai per un ragionamento complessivo su alcuni aspetti dell’azione della Santa Sede nell’«età dei totalitarismi», come già aveva tentato di fare la bella lettura critica offerta da David Bidussa nel suo importante saggio La misura del potere. Pio XII e i totalitarismi tra il 1932 e il 1948 (Solferino, Milano 2020) nel quale l’autore ragionava sul rifiuto da parte di Pacelli e della Chiesa dell’«ateismo materialista»  tra gli anni Trenta e Quaranta e poneva all’interno di questo contesto anche la «questione ebraica», intesa come radice del «disordine», fantasma introiettato della definitiva rottura dei vecchi schemi.
Il personaggio Pio XII in effetti è estremamente controverso.  Uno dei suoi primi atti appena salito al pontificato fu, nell’aprile del 1939, quello di togliere dall’Indice i libri di Charles Maurras, animatore del gruppo politico di estrema destra Action française, che aveva molti simpatizzanti cattolici anche se alcuni storici tendono a leggere questo episodio non tanto in chiave antisemita quanto anticomunista, dato che è avvenuto in un periodo storico in cui anche l’Italia incominciava a dar concreta applicazione alle leggi per la difesa della razza.

Nella sua prima enciclica “Summi Pontificatus” del 20 ottobre 1939, Pio XII, senza nominare espressamente fascismo e nazismo, lamentò le conseguenze dell’attuale crisi spirituale e la diffusione delle «ideologie anticristiane» e di un «paganesimo corrotto e corruttore». Tra le righe Pio XII condannava ogni discriminazione razziale, affermando la «comune origine in Dio» di tutto il genere umano; introdusse il concetto di convivenza pacifica e, soprattutto, elevò il suo straziante lamento per la Polonia, nazione fedele alla Chiesa.
Durante la guerra, vari e ripetuti furono gli appelli del Papa in favore della pace. Va ricordato in particolare il radiomessaggio natalizio del 1942, in cui Pacelli a dire il vero denunciò anche lo sterminio delle persone su base razziale. Mussolini commentò  con sarcasmo: «Il Vicario di Dio non dovrebbe mai parlare: dovrebbe restare tra le nuvole. Questo è un discorso di luoghi comuni che potrebbe agevolmente essere fatto anche dal parroco di Predappio»
D’altra parte dopo l’8 settembre e la fuga dei Savoia dalla capitale, Pio XII rimase a Roma, all’interno del Vaticano. Non elevò alcuna protesta per la cruenta occupazione nazista della città, che causò la morte di alcune centinaia di difensori, tra militari e civili.
Durante il corso della guerra, nonostante le numerose informazioni ricevute, non condannò mai ufficialmente né si impegnò pubblicamente per fermare le deportazioni. Offrì però rifugio presso la Santa Sede a molti ebrei e a esponenti politici antifascisti tra cui Alcide De Gasperi e Pietro Nenni; non sempre però i tedeschi rispettarono l’extra-territorialità di alcune altre aree a Roma di pertinenza della Santa Sede: nel 1943 ad esempio fecero irruzione nella basilica di San Paolo fuori le mura e vi presero alcuni prigionieri.
Diversi autori hanno espresso forti critiche verso il comportamento tenuto dalla Santa Sede dopo l’attentato di via Rasella e l’Eccidio delle Fosse Ardeatine (23 – 24 marzo 1944). Si è speculato che, almeno cinque ore prima dall’uccisione della prima vittima della rappresaglia tedesca, la segreteria di Stato vaticana fosse in possesso di informazioni e avrebbe potuto intervenire.
Ma l’argomento inquadrato dal Convegno è ancora più vasto e trascende la figura dei Pio XII  perché ci si propone di analizzare un quadro ancora più ampio e complesso, quello del Vaticano durante l’Olocausto, nonché esplorare le relazioni tra Chiesa e ebrei, in Italia e in Europa, grazie a nuovi documenti che emergono dagli archivi – rimasti chiusi per anni e anche recentemente causa Covid – grazie a una collaborazione nuova ed inedita tra istituzioni e ricercatori.

Si comincerà con l’affrontare le motivazioni e le decisioni di Pio XII durante il fascismo, ma anche il suo atteggiamento verso il comunismo e il nazismo, cercando di comprendere a pieno il suo ruolo come capo della Santa sede. Se sapeva perché non parlò, perché non prese una posizione chiara? Come venne gestita dal Vaticano l’applicazione delle leggi razziali, nate dalla Germania nazista e presto divulgate in tutta Europa? Chi salvò veramente gli ebrei e perché? Forse questi nuovi documenti ce lo diranno. Come sarà interessante esplorare il dopo guerra, quando il Vaticano fu chiamato ad aver un ruolo nei processi ai criminali nei tribunali militari e dovette schierarsi; fino a ripercorrere il cammino che ha condotto alla formulazione della dichiarazione “Nostra Aetate” nel 1965 quando, a venti anni dalla Shoah, il Secondo Concilio Vaticano ha respinto l’antisemitismo e sottolineato una profonda connessione tra mondo cristiano ed ebraico; o su come il periodo della Shoah abbia influito su successivi processi di dialogo.
La caratteristica interessante sarà proprio vedere riuniti studiosi laici e teologi, provenienti dalla chiesa, uniti a cercare punti di contatto e ad analizzare scientificamente contraddizioni, in un intento comune, quello di arrivare a una verità. Uno spazio aperto quindi per studio e discussione. Un’occasione che Liliana Picciotto, definisce “un punto di svolta nella storia delle relazioni ebraico-cristiane del nostro tempo”.
Non solo. “L’apertura degli archivi vaticani nel marzo 2020 ha rappresentato un nuovo capitolo, un segnale di apertura e trasparenza da parte di Roma” afferma la dottoressa Suzanne Brown-Fleming, direttrice del programma Accademico internazionale al Jack, Joseph and Morton Mandel Center for Advanced Holocaust Studies. L’attesa di poter visionare questi materiali è durata decenni ed avere finalmente accesso ai documenti è non solo importante dal punto di vista dello studio e della ricerca, ma rende anche giustizia morale alla memoria dei sopravvissuti e alle loro famiglie.

Laura Forti
collaboratrice
Laura Forti, scrittrice e drammaturga, è una delle autrici italiane più rappresentate all’estero. Insegna scrittura teatrale e auto­biografica e collabora come giornalista con radio e riviste nazionali e internazionali. In ambito editoriale, ha tradotto per Einaudi I cannibali e Mein Kampf di George Tabori. Con La Giuntina ha pubblicato L’acrobata e Forse mio padre, romanzo vincitore del Premio Mondello Opera Italiana, Super Mondello e Mondello Giovani 2021. Con Guanda nel 2022 pubblica Una casa in fiamme.

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