Il New York Times spiega perché il contrasto tra pluralisti e antipluralisti sia l’attuale conflitto planetario
Molti criminali che compiono omicidi di massa, oggi, scrivono un manifesto. Uccidono dunque in nome di un’ideologia condivisa, che sperano di spargere sul mondo con un’ondata di terrore. Così scrive David Brooks nel suo articolo “L’ideologia dell’odio e come combatterla”, pubblicato sul New York Times. L’espressione più chiara di questa ideologia, continua il giornalista, è quella elaborato dal presunto responsabile della strage di Christchurch, in Nuova Zelanda, citato poi da altri terroristi fino ai fatti di El Paso.
Un manifesto da leggere con attenzione. Vi si legge anche dei numerosi viaggi intorno al mondo dell’autore, sempre accolto come ospite e a volte anche come amico, in paesi bellissimi cui è grato del trattamento ricevuto. Poi si parla delle razze: il mondo è sano quando le razze sono separate, non diluite e mescolate tra loro; quindi della paura che i neri sovrastino la razza bianca e che gli immigrati possano sostituirsi al suo popolo.
Questa ideologia è una forma estrema di un movimento più ampio – l’antipluralismo – che ora si presenta in molte forme. I nazionalisti trumpiani, i populisti autoritari e i jihadisti islamici sono diverse versioni dell’antipluralismo.
A questa visione, Brooks contrappone il pluralismo comecura contro l’intolleranza:
Noi pluralisti pensiamo che l’individuo sia una sinfonia di identità, irriducibile all’etichetta di una razza; noi pluralisti crediamo nell’integrazione, non nella separazione. I pluralisti usano il “noi”, inclusivo e accogliente, credono che il mix tra culture diverse sia e debba essere elemento fondante della condizione umana e, infine, che il pluralismo è l’avventura della vita perché consiste nel dialogo con l’altro, in continuo divenire. Il pluralismo si pone dunque contro il sogno di una società “pura”, statica. Come la morte. L’articolo completo a questo link