Cultura
Woodstock compie 50 anni e i media tornano al 1969

I giornali di tutto il mondo celebrano il festival: che fu grande musica ma anche molto altro…

Immagini di hippie nel leggendario prato di Bethel, ragazzi e  ragazze che si rotolano nel fango, code interminabili di auto, musicisti geniali e stralunati immortalati sul palco di giorno ma anche di notte: basta sfogliare un quotidiano o navigare nei siti più importanti di informazione per imbattersi in immagini vintage, foto scattate durante i quattro giorni che hanno cambiato la storia della musica. Un irresistibile desiderio di far rivivere a chi non era a Woodstock l’atmosfera del 1969, quando le parole d’ordine erano peace, love and music.

Per comprendere quanto le dimensioni dell’evento avessero colto di sorpresa tutti i media del tempo, il New York Times scrive: “Quando Barnard L. Collier, arrivò a Bethel, New York, quel venerdì, incontrò enormi ingorghi e centinaia di migliaia di persone che si dirigevano verso la fattoria di Max Yasgur. Ma fu uno dei reporter più giovani del giornale, Grace Lichtenstein, a implorare il suo caporedattore di mandare più persone a ‘coprire’ il festival. Queste le sue parole passate poi alla storia: “Quel che sta succedendo a Woodstock è molto più grande di quanto il New York Times pensi“.

Scrive invece The Guardian: “Incredibile come un manipolo di organizzatori, decine di musicisti iconici e orde di giovani spettatori abbiano trasformato il festival Woodstock Music and Arts del 1969 in una parte fondamentale della tradizione americana. Lo descrive con estrema chiarezza il nuovo documentario Woodstock: Three Days That Defined a Generation. Il film è un nuovo sguardo nei confronti di un evento spesso già raccontato, e si differenzia dal film del concerto (premio Oscar nel 1970, in parte montato da un giovane Martin Scorsese) che mostrava le esibizioni del festival. 

Molto interessante anche l’articolo apparso su Forward.comThe secret Jewish history of Woodstock che si sofferma sui quattro organizzatori del festival: “Il quartetto di ebrei che ha creato l’originale Woodstock Music & Arts Fair: An Aquarian Exposition era composto da: Michael Lang, che ancora oggi rimane il volto del festival, l’ex dirigente di una casa discografica, Artie Kornfeld, Joel Rosenman e John P. Roberts, due giovani finanzieri che all’epoca cercavano opportunità di investimento. Insieme formarono la Woodstock Ventures, il festival non fu un successo dal punto di vista finanziario, ma negli anni successivi, i prodotti accessori, tra cui il film di Woodstock, l’album della colonna sonora, e i diritti di licensing hanno garantito un flusso di entrate perenne.

C’è poi un storia straordinaria  che vi vogliamo raccontare noi ed è quella dell’unica band che non ha ricevuto alcun vantaggio dall’apparizione a Woodstock. Incredibile, ma vero.

Si chiamavano QUILL, venivano da Boston e suonarono a mezzogiorno del sabato, il secondo giorno del festival, dopo un diluvio violento che era iniziato la notte del venerdì. Si esibirono per quaranta minuti e vennero molto apprezzati dai cinquecentomila presenti. La loro esibizione venne filmata come tutte le altre, ma la pioggia torrenziale del giorno precedente aveva danneggiato le apparecchiature audio e video. Così la sincronizzazione tra immagini e musica del loro show risultò un disastro e non venne inserita nel film. L’impatto di quella disavventura fu fatale per la band che poco dopo si sciolse. Per la cronaca, le telecamere e i registratori ricominciarono a funzionare pochi minuti dopo la conclusione della loro performance. Quando toccava a Santana…

Decenni dopo Woodstock, una piccola parte della performance dei QUILL è stata recuperata.


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