Ricette dolci e salate per celebrare la festa
Non c’è (quasi) festa che non riservi una posizione privilegiata al cibo, ma Purim è forse quella che lo pone davvero in primo piano. Al punto da far ruotare due delle sue quattro mitzvot principali intorno a questioni alimentari. Uno di questi comandamenti consiste nel consumare un pasto festivo, l’altro è il mishloach manot (invio di porzioni), ossia il regalare ad amici e parenti un insieme di cibi di diversa natura tali per cui è necessario recitare almeno due berakhot (benedizioni).
Guardando al genere di alimenti, soprattutto dolci, protagonisti di questi giorni, sia da offrire agli ospiti della tavola in festa sia da inviare in dono, si spalanca un mondo di tradizioni vasto tanto quante sono le comunità della diaspora. Non solo Hamantaschen, dunque. O meglio, non necessariamente i classici biscottoni ripieni di semi di papavero o, seguendo una tradizione relativamente più recente, di frutta secca o di confettura. Compiendo un ideale giro del mondo ebraico anche con l’aiuto di My Jewish Learning e della sua sezione The Nosher, scopriamo così di poter attingere a una infinità di proposte golosissime, tutte caratterizzate da almeno un elemento simbolico o comunque collegato alla festa di Purim e alle vicende della regina Ester.
La prima tappa è in Iraq, dove troviamo dei biscotti chiamati Hadgi Badah. Simili agli amaretti per l’aspetto oltre che per la presenza nell’impasto delle mandorle tritate (ricorrenti in gran parte delle tradizioni di Purim), hanno la particolarità di essere aromatizzati con il cardamomo e di essere poi modellati con le mani inumidite di acqua di rose o di fiori d’arancio che aggiunge loro una delicata nota floreale.
Con i Ma’amoul ci colleghiamo invece alla tradizione ebraica del Levante, l’area compresa tra la Siria a nord e l’Egitto a sud che comprende Libano, Israele e Palestina. Come ricordava in un’altra occasione sempre My Jewish Learning, musulmani, cristiani ed ebrei hanno vissuto in questa zona, l’uno accanto all’altro, per oltre 1.500 anni condividendo immancabilmente numerose tradizioni culturali e culinarie. Tra queste troviamo anche questi biscottini dal nome che significa “ripieno”, generalmente associati a feste e a occasioni speciali. I musulmani li mangiano per rompere il digiuno durante il mese di Ramadan e l’Eid al-Fitr , i cristiani li sgranocchiano prima della Quaresima e nel celebrare la Pasqua, mentre gli ebrei li gustano durante il Purim, se ripieni di noci, o a Rosh Hashanah quando sono farciti con i datteri. Preparati nella versione ebraica con farina bianca pura, nelle varie tradizioni si presentano nelle fogge più diverse, modellati in speciali stampi o decorati con pinzette. A renderli poi particolarmente adatti a questa festa è il fatto stesso di essere ripieni, caratteristica ricorrente nelle preparazioni di Purim, dove il ripieno nascosto simboleggerebbe l’alto tasso di misteri e intrighi presenti nel libro di Ester, costretta a nascondere la propria identità di ebrea.
Passando in Europa, anche biscottini da tè universalmente diffusi come i Palmiers francesi possono essere associati a Purim. La spiegazione sarebbe legata a un’altra tradizione di questa festa, quella cioè di celebrare la sconfitta di Haman e la conseguente salvezza del popolo ebraico mangiando simbolicamente una parte del crudele ministro. E la doppia sfoglietta arrotolata ricoperta di croccante zucchero dorata simboleggerebbe, manco a dirlo, proprio le orecchie del cattivo.
Questa parte anatomica è piuttosto gettonata tra i dolci di Purim. Tanto che le Oznei Haman sono un’altra delle preparazioni da proporre in questa occasione. L’origine delle “orecchie di Haman”, strisce di sfoglia fritte e poi passate nello sciroppo o nel miele, risalirebbe secondo lo storico del cibo Gil Marks almeno al XIII secolo, dato che già allora un ricettario moresco dell’Andalusia ne descriveva la preparazione chiamandola udhun, orecchio in arabo. La ricetta sarebbe poi piaciuta talmente tanto ai Sefarditi da trasformarla in un grande classico di Purim e diffonderla poi dal Mediterraneo ai paesi del Nord.
Restando nell’Europa settentrionale, vi troviamo un’altra idea da sgranocchiare a casa o da inserire nel pacco dono da inviare agli amici. Se è vero infatti che gli Hamantaschen sono nati in Germania per poi affermarsi un po’ in tutte le comunità ashkenazite, è anche vero che mentre questi biscotti conquistavano il Nuovo Mondo, gli ebrei alsaziani, tedeschi e olandesi se ne stavano un po’ stancando, preferendo alle “tasche di Haman” gli omini di pan di zenzero. Un altro modo per far fuori il cattivo della storia prendendolo a morsi…
Simili alle orecchie di Haman degli albori, ossia a striscioline di pasta fritte e passate nello sciroppo, sono poi le Debla. Popolari in Libia, Algeria e Marocco, vengono avvolte a formare una rosa per poi essere dorate nell’olio e quindi immerse in uno sciroppo aromatizzato con acqua di fiori d’arancio. Una spolverizzata finale di semi di sesamo o di noci spezzettate regala loro un’ultima nota croccante.
E a proposito di semi, anche questi sono un elemento ricorrente nella festa di Purim. Mangiarli sarebbe un modo per ricordare la dieta di Ester, costretta a cibarsi di legumi e semi per rispettare la kasherut mentre viveva a palazzo nascondendo la propria ebraicità. Quelli di papavero, in particolare, sono protagonisti non solo del ripieno degli Hamanataschen, ma anche dei Nanbrangi. Questi biscotti della tradizione persiana sono preparati con farina di riso, uova, zucchero, olio e acqua di rose e prima di essere infornati vengono spolverizzati con una pioggia, appunto, di semini neri.
Di simbolismo in simbolismo, non potevano mancare le… dita di Haman! Preparate sia in Grecia sia in Turchia, gli Haman’s fingers sono dolcetti a base di pasta fillo arrotolata e chiusa intorno a un ripieno alle mandorle e zucchero aromatizzato con la cannella. Spennellati di burro, vengono poi passati in forno fino alla doratura.
Per concludere questa carrellata per un Purim alternativo, non possiamo dimenticare chi, tra tanti dolci, vorrebbe concedersi anche uno sfizio salato. Sempre The Nosher di My Jewish Learning riprende l’ispirazione degli Hamantaschen per superarla creativamente. E propone di puntare su biscottoni salati farciti in chiave internazionale. Per prepararli basterà realizzare una pasta brisée lavorando insieme farina, burro, acqua e sale, lasciarla riposare in frigo e quindi stenderla allo spessore di pochi millimetri. A questo punto la si potrà tagliare a dischetti e distribuirvi gli ingredienti più svariati: salmone affumicato a pezzetti, crema di formaggio e capperi per la versione “bagel”, spinaci lessati e tritati, feta sbriciolata e pinoli per quella “boreka”, pomodoro, mozzarella e origano per la “pizza”, ceci, harissa, spinaci e scorza di limone per la variante “Mediterraneo”, cipolle, funghi, erbe di Provenza e chèvre per la “francese” e fagioli per la “messicana” (da completare a freddo con il guacamole e il pomodoro fresco). Dopo aver ripiegato i bordi dei dischi sul ripieno formando il classico triangolo che ricorda un tricorno, gli snack potranno essere infornati fino a doratura della pasta e cottura del ripieno.
Camilla Marini è nata a Gemona del Friuli (UD) nel 1973, vive a Milano dove lavora da vent’anni come giornalista freelance, scrivendo prevalentemente di cucina, alimentazione e viaggi. Nel 2016 ha pubblicato la guida Parigi (Oltre Edizioni), dove racconta la città attraverso la vita di otto donne che ne hanno segnato la storia.
Aggiungo i Festoni, dolce dolcissimo di Ferrara, fatti con gli stampini di legno. Non li fa più nessuno, tranne… la sottoscritta, erede della ricetta e delle formine.