Dopo otto anni, i “peperoncini rossi” tornano in Israele, una terra che per loro significa molto. Ecco perché…
Squadra che vince, si cambia. Così devono aver pensato i Red Hot Chili Peppers prima di registrare nel 2016 il loro undicesimo e ultimo album The Getaway, prodotto dal mago dei suoni Danger Mouse dopo anni di collaborazione con Rick Rubin (figlio di un grossista di scarpe ebraico), che tanto ha contribuito a mettere a fuoco, tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta, il loro inconfondibile sound in bilico tra rock, funk, punk e hip hop.
I brani Dark necessities, Go robots e Goodbye angels suonano già come classici del loro repertorio, a conferma dell’ottimo lavoro svolto da Danger Mouse e Nigel Goldrich. The Getaway è il settimo album della band a finire in top 10 e il terzo a debuttare al secondo posto della Top 200 americana. Un disco che conferma ancora una volta la potenza di fuoco, soprattutto dal vivo, della gioiosa macchina da guerra del funk-rock nata a Los Angeles nel lontano 1983.
Allora, ad affiancare il cantante Anthony Kiedis, il bassista Flea e il batterista Chad Smith, c’era il chitarrista Hillel Slovak, originario di Haifa. Slovak è morto per overdose di droga all’inizio della carriera della band, ma è rimasto nei cuori dei suoi compagni di band.
Quando i Red Hot Chili Peppers si sono esibiti l’ultima volta in Israele nel 2012 all’Hayarkon Park, Kiedis ha gridato dal palco: “Hillel Slovak per sempre! Hillel aveva il suo marchio di funk israeliano, sono abbastanza sicuro che lo abbia inventato lui“. Gli ha fatto eco il bassista Flea: “Tornare a Tel Aviv e pensare a Hillel è davvero un sogno“.
Per questo assume un sapore tutto speciale il ritorno della band americana all’Hayarkon Park, nell’ambito del prestigioso Funkyard Tel Aviv Festival, il prossimo 10 giugno.
Promosso da Bluestone Group, Live Nation e Shuki Weiss, il Funkyard Tel Aviv Festival, che durerà un giorno intero, includerà altri artisti internazionali, DJ e talenti locali che si esibiranno su diversi palchi, oltre a varie attività, stand di cibo e bevande e un angolo relax. I Chili Peppers si aggiungono così a Lionel Richie, Celine Dion, Iron Maiden,Nick Cave e Pixies nell’elenco degli artisti di primo piano che si esibiranno nel 2020 a Tel Aviv.
La band californiana ha venduto oltre 60 milioni di dischi e ha vinto 6 Grammy Awards, tra cui “Miglior Album Rock” per Stadium Arcadium, “Best Rock Performance (Duo o Gruppo)” per Dani California, “Miglior canzone rock” per Scar Tissue e “Miglior performance Hard Rock with Vocal” per Give it away.
I RHCP sono stati inseriti nella Rock and Roll Hall of Fame nell’aprile 2012, rendendo l’allora chitarrista Josh Klinghoffer (che aveva già suonato nell’album I’m with you) il più giovane a ricevere il prestigioso riconoscimento, a soli 33 anni. Klinghoffer ha dichiarato, in un’intervista, di essere un lontano parente di Leon Klinghoffer, imprenditore ebreo ucciso a bordo della nave Achille Lauro per mano del Fronte per la Liberazione della Palestina (FLP): “Leon era il quarto o il quinto cugino del mio bisnonno”.
Il chitarrista è da poco stato esautorato del suo ruolo nella band a causa del ritorno del talento inquieto di John Frusicante, già chitarrista della band dal 1988 al 1992 e, ancora, dal 1998 al 2009. Uno schock per il povero Josh, il più silenzioso e riservato in un gruppo pieno di personalità esuberanti, la cui forza, da anni, è la poderosa sezione ritmica formata da Flea, uno dei bassisti più creativi e coinvolgenti di oggi e dalla metronomica potenza di Chad Smith, vero motore della band, mentre dal vivo il punto debole è, in alcuni passaggi, la voce di Anthony Kiedis, convincente nelle parti rappate e nei chorus, molto meno nel registro medio.
Il chitarrista Josh Klinghoffer si era perfettamente integrato nel meccanismo ben oleato della band, anche se non ha mai avuto il carisma e l’inventiva di John Frusciante, suo grande amico, che gli è superiore anche vocalmente nei cori. Lo scorso dicembre, Klinghoffer ha ricevuto un messaggio da Flea, gli chiedeva di andare nella sua casa di Los Angeles per “discutere lo stato delle cose”. Quando è arrivato, Flea, scuro in volto, gli ha detto: “Abbiamo chiesto a John di tornare nel gruppo”.
Josh, dopo un attimo di silenzio, ha risposto da vero signore: “Non sono sorpreso. Vorrei aver fatto qualcosa per rendere tutto questo impossibile. Ma sono felice per voi, ragazzi”. John Frusciante era già tornato nel gruppo.
Giornalista romano, ama la musica sopra ogni altra cosa e, in seconda battuta, scrivere. Autore di un libro su Aretha Franklin e di uno dedicato al Re del Pop, “Michael Jackson. La musica, il messaggio, l’eredità artistica”, in cui ha coniugato le sue due passioni, collabora con Joimag da Roma