San Nicandro Garganico: una specie di profeta, Donato Manduzio, riesce a convertire la piccola comunità di contadini del paese all’ebraismo, sfidando inconsciamente le leggi razziali
Scialomm Mussolini è il titolo del libro (Castelvecchi, 17,50 euro) che da solo esprime la particolarità della storia che qui viene raccontata. Mussolini è assente dalla storia, ma è presente con la sua ombra come riferimento lontano nelle speranze della piccola comunità a cui appartengono i protagonisti. Scialomm è il saluto spontaneo con cui alcuni ragazzi della stessa comunità si rivolgono ai soldati della Brigata Ebraica al loro arrivo a Civitella, paesino della Puglia, in cui si svolgono gli avvenimenti narrati.
L’autrice prende spunto da alcuni fatti di cronaca accaduti a San Nicandro Garganico negli anni Trenta, quando una specie di profeta, Donato Manduzio, riesce a convertire la piccola comunità di contadini del paese all’ebraismo, sfidando inconsciamente le leggi razziali. Una storia singolare, a cui si aggiungono fatti e personaggi in parte inventati, che aiutano a ricostruire un piccolo mondo, fatto di uomini che umanamente lottano, soffrono, gioiscono per inseguire ciò in cui veramente credono. Perché quello che accade veramente, nelle pagine di Marina Collaci, è una specie di miracolo, in una terra percorsa da fremiti di passione vera.
La storia comincia con l’arrivo in paese di Freddy, figlio di emigrati in America, nato e cresciuto a New York, il cui ritorno è dovuto all’impossibilità di continuare a lavorare in America, riesce però ad avere un incarico dal regime che consiste nel “sorvegliare” gli abitati di Civitella affinché non disobbediscano all’ideale del fascismo.
Da quel momento, invisibili fili cominciano ad intrecciarsi nella rete delle singole storie e dei rapporti tra i vari personaggi, si assiste ad alcuni fatti a dir poco singolari da cui si spiegano incredibili sviluppi. Freddy diventa spettatore di avvenimenti che a tratti appaiono surreali, e della comica, tragica storia vera del paesino pugliese che si converte in blocco all’ebraismo nell’anno più sbagliato: il 1938.
Domina gran parte del racconto la figura di Ippazio, personaggio controverso e carismatico, che attira come una calamita gli abitanti della piccola comunità. Egli crea un clima straordinario in tutti gli incontri con i contadini di Civitella, che diventano ben presto suoi seguaci, li affascina tutti con le sue parole, mostra una conoscenza della Bibbia, di cui recita ogni volta dei passi e come un incantatore, tocca le corde più profonde delle loro anime semplici, ma sensibili, fino a indurli ad accettare senza riserve il credo ebraico.
Ma i tempi sono difficili, ciò comporta un rischio enorme, tuttavia essi sono ignari di quello che accade nel resto del paese, o se ne rendono conto solo in parte, coesi come sono nel gruppo cui sentono di appartenere.
In questa storia di uomini e donne generosi emerge poi la figura di Lucetta, una piccola donna che nella sua spontaneità racchiude un universo, una smania di ricerca di verità per placare il suo malessere, condizione di cui però non è completamente consapevole. Anche lei è istintivamente affascinata da Ippazio, si strugge d’amore per lui, l’unico ad aver aperto un varco nella sua innata indolenza.
La storia si conclude all’insegna della speranza e con la soddisfazione di una conquista, l’appagamento di un desiderio da parte degli abitanti del paesino: essi vogliono a tutti i costi diventare ebrei e ci riescono, attraverso un percorso di conoscenza, ma anche di spontaneità d’animo, attraverso la voglia di riscatto e l’acquisizione di nuovi valori, senza però rinnegare quelli di appartenenza alla propria terra.
Figure realisticamente e poeticamente umane, gente umile e innocente, esistenze che vengono colte dalla penna dell’autrice con uno stile colorito e a tratti spassoso, pieno di riferimenti dialettali, ma anche di citazioni erudite. Una trama in cui è assente qualunque colorazione lirica, a parte qualche soffio sentimentale che caratterizza le azioni e le scelte di Lucetta, sempre in precario equilibrio tra l’accontentarsi di ciò che ha e la ricerca di una maggiore pienezza di vita. I termini del suo conflitto interiore emergono più chiaramente nei suoi bizzarri sogni notturni, spesso degli incubi, in cui tra sovrapposizioni fantastiche e caotiche si configura un’unica risolutiva immagine, quella di Ippazio, che a sua volta è spesso preda di profonde crisi esistenziali. Nel suo passato infatti aleggia un’impronta di suggestiva tristezza destinata a scavare in profondità nel suo animo.
Ippazio, convinto che gli ebrei dell’Antico Testamento si siano estinti ai tempi di Noè, si inventa una religione tutta sua, con tanto di canti che si concludono con il braccio alzato di fronte alla foto dell’Eccellentissimo Mussechini (Mussolini).
L’atmosfera del libro è attraversata dall’avvicendarsi di eventi contraddittori: da una parte si assiste all’iniziale fiducia in Mussolini, percepito dagli abitanti del paesino come colui che ha tutte le qualità per risolvere i loro problemi, primo fra tutti la perenne povertà, dall’altra, pagina dopo pagina, si percepisce la facilità con cui essi scambiano le figure e i valori di riferimento: abbracciando il credo ebraico, allo stesso modo credono di poter risolvere i loro annosi problemi. È un salto enorme, di cui essi sono del tutto ignari, ma ciò avviene con assoluta innocenza, passare da una scelta all’altra è un atto quasi dovuto, dettato dalle circostanze, ma senza alcun giudizio di valore.
Classe 1991, è PhD Candidate dello IULM di Milano in Visual and Media Studies, cultrice della materia in Sistema e Cultura dei Musei. Studiosa della Shoah e delle sue forme di rappresentazione, in particolare legate alla museologia, è socia dell’Associazione Italiana Studi Giudaici.