Storia di una ricetta semplice quanto deliziosa
C’è una ricetta, semplice quanto deliziosa, che ricorre curiosamente nei luoghi tra loro più lontani. Gli ingredienti sono pochi e facili da reperire, ma il loro abbinamento è, diciamo così, una sorta di firma. Parliamo degli spinaci con uvette e pinoli, piatto commovente per quanto sia essenziale ma anche per la sua capacità di conquistare i palati.
Che cos’ha di così speciale? Beh, innanzi tutto è associato alla cucina ebraica in ogni luogo faccia la sua comparsa, coprendo una larga fetta del Mediterraneo per spingersi verso Est o volare Oltreoceano. Qui come altrove, c’è chi lo prepara perché in casa l’ha sempre visto fare, spesso ignorandone totalmente le origini. Che affondano in un tempo remoto coprendo luoghi piuttosto distanti.
Gli elementi in gioco sono come si è visto appena tre: un ortaggio a foglia verde e due tipi di frutta conservata, l’una essiccata e l’altra appartenente alla categoria dei semi oleosi. A volerne seguire tutte le vicende dalla nascita a oggi le cose andrebbero davvero per le lunghe, quindi qui ci limiteremo a ricostruirne l’incontro con solo qualche informazione di massima sugli ingredienti principali.
Partiremo dagli spinaci. Di origine relativamente recente, visto che le prime notizie risalgono “solo” al VII secolo d.C., queste verdure dall’intensa tonalità verde e le foglie carnose avrebbero fatto la loro prima comparsa sulla scena culinaria in Asia Centrale, in particolare in Persia. Secondo Gil Marks, rabbino statunitense nonché storico del cibo che ne aveva parlato in diversi suoi libri, l’affermazione degli spinaci nel territorio dell’attuale Iran sarebbe testimoniata dallo stesso nome, che deriverebbe dal termine farsi isfanakh, “punta”, in riferimento ai semi spinosi della pianta. Portati in Europa dai Mori intorno al X secolo, sarebbero giunti cento anni dopo in Spagna, dove avrebbero incontrato l’accoglienza migliore. Oltre a fare l’incontro che ne avrebbe segnato la fortuna in mezzo mondo: quello con gli ebrei.
Diventati in breve tempo uno degli ortaggi del cuore dei sefarditi, secondo gli studiosi come Marks gli spinaci si sarebbero presto imposti nei menu popolari soppiantando le fino a quel momento più diffuse bietole. Prova della considerazione in cui erano tenuti gli spinaci si trova nel libro di cucina vegetariana ebraica Olive Trees and Honey, lo storico cita il rabbino e medico Solomon Almoli, nato in Spagna intorno al 1480 e autore di un testo sull’interpretazione dei sogni. Secondo lo studioso, la comparsa in sogno degli spinaci avrebbe rappresentato felicità, ricchezza e onore.
La tappa successiva per gli ortaggi avrebbe toccato l’Italia, nel XIII secolo, per diffondersi poi in tutto il Mediterraneo e oltre nei secoli successivi, portati dagli arabi, dagli italiani e soprattutto, dopo le espulsioni iniziate nel 1492, dagli ebrei sefarditi. Per approfondire l’incontro con la frutta secca è necessario però fermarsi per un attimo a prima di quella data fatidica, quando tutto si giocava ancora in Spagna.
Già, perché gli spinaci con uvetta e pinoli non sono solo un piatto dalle caratteristiche ebraiche, ma sono soprattutto un piatto di origini sefardite. E se di spinaci affogati nel burro, nella panna o nella besciamella traboccano i ricettari di mezzo mondo, la creazione di un piatto totalmente pareve come questo ha una indiscutibile firma ebraica. Per capirla, tocca dare un’occhiata anche alle vicende dei due comprimari: le uvette e i pinoli.
Le prime, versione essiccata di particolari tipologie di uva, sono nate in tempi antichissimi probabilmente per caso (forse da alcuni raspi dimenticati sulla vite…) per poi essere accolte come universale modalità di conservazione. Citate già nel Pentateuco, avrebbero fatto parte delle abitudini alimentari del popolo israelita fin dai suoi albori, prendendo in ebraico il nome di tzimukim, dal verbo “avvizzire”. Nei secoli successivi, sarebbero stati proprio gli ebrei a coltivare le viti per produrre uvetta nei paesi musulmani nonché a occuparsi della loro vendita in quegli stessi luoghi e della loro esportazione in Europa. Curiosamente, pare che lo stesso padre del filosofo Baruch Spinoza, di origini portoghesi, fosse un importatore di uvetta, di fichi e di altra frutta del Mediterraneo.
Usate spesso nei piatti delle feste e di Shabbat, le uvette avrebbero avuto anche la funzione di attenuare con la loro dolcezza il gusto acidulo dei piatti freddi conservati con l’aceto, diventando essenziali nelle preparazioni agrodolci in genere.
Per completare il piatto protagonista della nostra storia mancano ora solo i pinoli. Portati in Europa dagli Arabi al pari degli spinaci, si sarebbero come questi imposti inizialmente soprattutto in Spagna, ancora oggi la loro principale produttrice nel Mediterraneo, incontrando i favori delle comunità ebraiche. Entrati di diritto nella composizione di innumerevoli piatti tipici, non potevano che entrare in contatto con gli altri due personaggi del racconto e affermarsi come piatto tipico spagnolo anche fuori dai confini nazionali. Un esempio per tutti sono gli Stati Uniti, dove gli spinaci con uvetta e pinoli sono tuttora noti come spinaci alla catalana, rimarcandone le origini iberiche, se non quelle ebraiche.
Tornando in Europa, e fatte le dovute distinzioni, le cose vanno in maniera analoga. Quando nel menu compare questo piatto ci sono buone probabilità di trovarsi in un ristorante ebraico o almeno in un luogo dalla radicata presenza israelita, almeno passata. Per farsene un’idea basta sfogliare un ricettario regionale italiano. In una tradizione che si distingue per l’originalità e la tipicità dei piatti, orgogliosamente unici di quella precisa zona quando non paese o borgo, gli spinaci saltati con la frutta secca spuntano allegramente da Nord a Sud, con solo piccolissime differenze locali. Si va dalla Liguria, dove gli spinaci alla genovese sono preparati sbollentando le verdure e quindi saltandole con un soffritto di acciughe e prezzemolo prima di aggiungervi i pinoli e le “passoline”, a Venezia e soprattutto a Roma. Le due città conoscono questo piatto fin dall’epoca dei ghetti e tuttora lo propongono con solo piccole varianti, eventualmente con l’aggiunta delle acciughe oltre che delle cipolle. Una nota a parte meritano anche gli spinaci di magro romagnoli, citati anche da Pellegrino Artusi nella sua Scienza in cucina: leggermente diversi da quelli tradizionali perché senza pinoli, sfruttano comunque l’abbinamento classico delle verdure con le uvette.
Scendendo più a Sud, fino in Sicilia, le origini ebraiche di questo contorno si intrecciano con quelle musulmane, l’una non escludendo l’altra. Esisterebbe infatti una preparazione molto simile anche nella tradizione Medio Orientale ed è possibile che siano stati gli arabi a diffonderla nell’Isola durante la loro dominazione. Qui, sarebbe stata accolta dalle comunità ebraiche locali e quindi portata nelle regioni settentrionali del Paese dagli ebrei espulsi dai territori ormai diventati spagnoli.
Che siano stati gli iberici o i siciliani a diffondere questo piccolo grande piatto, comunque, ormai non ha più troppa importanza. Quello che conta è che ancora oggi, oltre mezzo millennio dopo la sua probabile nascita, conservi la sua geniale semplicità e che sia apprezzato nelle cucine più diverse. Anche da quanti ne ignorano le vicende secolari e che, spinti dalla curiosità, scopriranno magari grazie a esso un pezzetto dimenticato della propria storia.
Spinaci con uvetta e pinoli
800 g di spinaci
100 g di pinoli
100 g di uvetta
1 spicchio d’aglio
4 acciughe salate (facoltative)
burro (facoltativo)
olio extravergine d’oliva
sale
Lasciare ammorbidire l’uvetta in acqua tiepida per 15 minuti al massimo, poi scolarla, strizzarla e asciugarla con un telo da cucina. Rosolare velocemente i pinoli in una padella calda, senza aggiungere grassi e rigirandoli. Scolarli poi su carta da cucina.
Pulire gli spinaci eliminando i gambi duri, lavarli con cura e sgrondarli senza asciugarli, poi cuocerli in una casseruola coperta con la sola acqua rimasta sulle foglie dall’ultimo risciacquo, spolverizzandoli di sale. Scolarli, farli intiepidire e strizzarli con le mani.
Sbucciare l’aglio e rosolarlo in una larga padella con qualche cucchiaio di olio e una noce di burro fuso (o con il solo olio), poi prelevarlo e al suo posto sciogliervi a piacere le acciughe pulite e spezzettate.
Unire gli spinaci al fondo in padella e saltarli a fiamma vivace per alcuni minuti, rigirandoli. Aggiungere le uvette e i pinoli, regolare eventualmente di sale, cuocere ancora per qualche istante e infine servire.
Camilla Marini è nata a Gemona del Friuli (UD) nel 1973, vive a Milano dove lavora da vent’anni come giornalista freelance, scrivendo prevalentemente di cucina, alimentazione e viaggi. Nel 2016 ha pubblicato la guida Parigi (Oltre Edizioni), dove racconta la città attraverso la vita di otto donne che ne hanno segnato la storia.