Cultura
Storia ebraica delle Azzorre

L’orgoglio per la rinata sinagoga Sahar Hassamain e le testimonianze ebraiche sparse nell’arcipelago sono vivi più che mai

Erano pochi gli ebrei presenti alla prima funzione della Sinagoga di Ponta Delgada, capoluogo dell’isola di Sao Miguel, nelle Azzorre. Eppure, quella celebrazione del 23 aprile di ormai otto anni fa segna una tappa fondamentale per l’identità ebraica dell’arcipelago portoghese. Come riportava in quei giorni il Fall River Herard News, tra i partecipanti all’inaugurazione del 2015 c’erano diverse persone provenienti dal resto del Portogallo e dagli Stati Uniti. Molti di loro erano cristiani, ma questo non impediva loro di commuoversi. Almeno quanto le loro mogli, i mariti, gli amici e i colleghi ebrei presenti all’evento. Quella riapertura era infatti il risultato di oltre trent’anni di sforzi, ricerche e investimenti economici che avevano coinvolto persone di diverse religioni da una parte all’altra dell’Oceano. Tutte interessate a restituire a quel gioiello verde che è l’isola di Sao Miguel una delle sue gemme storiche, la sinagoga Sahar Hassamain, la Porta del Cielo. Per oltre mezzo secolo, gli ambienti di questo edificio in Rua do Brum 16, nel centro storico della città, non troppo lontano dal porto e dalle piantagioni di ananas, era rimasto in uno sconfortante stato di abbandono e degrado.

L’ultima funzione di cui si aveva traccia era stata una celebrazione per Yom Kippur tenuta negli anni Sessanta da soldati americani di stanza sull’isola portoghese. Poi, più nulla per oltre vent’anni. Un vero peccato per quella che è considerata la sinagoga più antica del Portogallo, costruita intorno al 1820 e consacrata nel 1836. Nascosta in un basso edificio bianco dalle decorazioni gialle non troppo diverso dagli altri della stessa tranquilla via, la Porta del Cielo era il simbolo di un momento importante per la vita ebraica delle Azzorre.

A voler semplificare, quella avvenuta a partire dagli anni Venti dell’Ottocento era la seconda delle tre fasi che hanno segnato la storia degli ebrei isolani. Per la prima bisogna risalire di quasi quattro secoli. Era dalla metà del Quattrocento infatti che le isole portoghesi accoglievano migrazioni ebraiche. I primi ebrei provenivano dalla Penisola Iberica e vi approdavano in cerca di anonimato e di una nuova vita. Fuggivano perlopiù dall’Inquisizione, che li perseguitava anche dopo la loro conversione al cristianesimo. Diversi sefarditi giunti sulle isole dopo l’editto di espulsione del 1496 erano stati perseguitati e arrestati, ma in proporzione a quanto avveniva sul continente qui le cose andavano relativamente bene. Gli studi riportano che dalla metà del Cinquecento ai primi dell’Ottocento furono “solo” 112 i residenti processati, a fronte di una popolazione complessiva di oltre 155mila abitanti. Per comprendere questo trattamento relativamente privilegiato va detto che sin dai primi anni gli ebrei trasferiti sulle isole avevano intrapreso un processo di integrazione con la popolazione locale. Accanto ai matrimoni misti, a fine Cinquecento erano stati in molti anche quelli che avevano partecipato alle migrazioni verso le Isole Canarie, il Brasile, i Caraibi e il Nord America.

E qui torniamo all’interesse degli statunitensi per l’eredità ebraica delle Azzorre, rappresentata in primo luogo dalla bellissima sinagoga di Ponta Delgada, oggi aperta ai visitatori come parte del Museo Ebraico. Tra i principali artefici della sua rinascita compaiono personaggi influenti come il senatore del Massachusetts Michael Rodrigues, cattolico dalle radici portoghesi da oltre un decennio impegnato nel recupero del patrimonio ebraico delle isole portoghesi. Come si legge in un articolo pubblicato su CommonWealth Magazine, nel distretto del politico è compresa anche Fall River, area con una nutrita popolazione originaria delle Azzorre. Lo stesso Rodrigues è un grande amante delle isole, meta di suoi diversi viaggi. In uno di questi si era recato a Sao Miguel con due amici ebrei. Uno di questi si chiama Gideon Gradman, abitava ai tempi a Boston e con i compagni di viaggio aveva preso a cuore il restauro della sinagoga, già affrontato negli anni Ottanta da un gruppo di discendenti portoghesi di Fall River ma con scarso successo. Il primo risultato dell’interesse di Rodrigues e soci era stata la fondazione dell’Azorean Jewish Heritage Foundation. Questa piccola organizzazione no profit con sede nel Somerset, in Massachusetts, è oggi guidata dallo stesso Gradman e dopo il successo della riapertura della sinagoga continua a sostenere la conservazione storica dei siti e dei manufatti ebraici delle Azzorre. Tra gli oggetti di studio di maggior pregio, il materiale della cosiddetta Geniza delle Azzorre. Nel recupero dei locali della sinagoga erano emersi infatti ben 50 grossi archivi contenenti documenti comunali e lettere commerciali insieme a libri sacri, filatteri, scialli da preghiera, rotoli di mezuzah e altri oggetti religiosi. Di origine chiaramente nordafricana, il materiale comprende documenti firmati dai rabbini nello stile ornato magrebino e rivela che membri della comunità avevano nomi come Bensaude, Zagorey, Bozaglo, Azulay, Zafrany e Biton.

La scoperta ci introduce alla seconda delle tre delle tappe citate della storia ebraica dell’isola. Dopo essersi ridotta al lumicino a causa delle conversioni e dell’emigrazione, la comunità della principale delle isole portoghesi aveva riacquistato nuovo vigore a partire dal 1818-19. Le origini dei nuovi arrivati erano sempre portoghesi, ma i sefarditi che si insediarono a Sao Miguel (e, in seguito, a Terceira, dove troviamo il villaggio Porto Juceu e un cimitero ebraico, e a Faial) provenivano dal Marocco. Classificati nei documenti come “ebrei marocchini”, erano persone che avevano ottenuto la cittadinanza britannica a Gibilterra e che facevano parte della forte emigrazione ebraica che dalla metà del XV secolo si era recata in Algarve e Madeira. Si trattava principalmente di commercianti dai forti legami con la comunità ebraica londinese arricchitisi grazie all’esportazione di agrumi nel Regno Unito.

Gli immigrati di questo periodo non subivano più l’ostracismo dei secoli precedenti legato all’appartenenza religiosa. Semmai, la popolazione locale ne invidiava le abilità mercantili. Si dovrebbe imputare più alla volontà di mantenere un basso profilo che alle discriminazioni la costruzione di una sinagoga un po’ defilata. La pur stupenda Sahar Hassamain, caratterizzata da finestre ad arco, pareti turchesi e magnifiche panche in legno intagliato, si trovava all’interno della casa del rabbino, in una via come si è detta nel cuore della città e prossima alle piantagioni di frutta, ma nascosta dietro a una facciata anonima.

Secondo la tradizione, quella della Porta del Cielo non era l’unica casa di preghiera delle Azzorre. Solo nel capoluogo di Sao Miguel ce ne sarebbero state cinque, con una sesta a Vila Franca. L’eleganza e ricchezza degli arredi del tempio principale di Ponta Delgata nonché la sua stessa edificazione sono prova del benessere degli ebrei a meno di vent’anni dal loro arrivo (o, per meglio dire, ritorno). Desiderosi di integrarsi sulle isole, in quello stesso periodo vi avevano acquistato immobili e registrato le proprie imprese in portoghese, adottando la cittadinanza portoghese nella prima metà degli anni Trenta dell’Ottocento. Le attività economiche vertevano principalmente nell’import-export, con rotte soprattutto da e per l’Inghilterra, da cui importavano i prodotti che vendevano nei loro numerosi negozi cittadini. Meno interessati all’acquisto di terreni agricoli e frutteti, erano in compenso particolarmente attivi nell’esportazione di quanto di più importante produceva l’isola tra il Sette e Ottocento, ossia tè, tabacco e ananas. Sarà però il declino del commercio delle arance, insieme ai numerosi matrimoni misti e all’arrivo sull’isola di nuovi uomini d’affari a ridurre il loro numero sull’isola, con gli ebrei locali sempre più interessati a trasferirsi in Brasile e Nord America.

Oggi, nonostante l’arrivo prima e durante la seconda guerra mondiale di ebrei tedeschi e polacchi in fuga dai nazisti, a Sao Miguel e nelle Azzorre la popolazione ebraica è praticamente scomparsa, con nessun praticante tra gli abitanti. L’orgoglio per la rinata sinagoga e le testimonianze ebraiche sparse nell’arcipelago sono però quanto mai vive. L’attenzione arriva come si è visto dai tanti discendenti portoghesi ormai residenti in Brasile e America del Nord e spesso in viaggio in queste magiche terre, ma anche dagli stessi abitanti locali, non così estranei alla storia ebraica. Nel 2004 un’equipe dell’Ospedale Espirito Santo di Ponta Delgado ha studiato il cromosoma Y della popolazione delle Azzorre dimostrando che il 13,4% del loro Dna è ebraico. Ma questo, probabilmente, molte famiglie locali lo intuivano già da tempo.

Camilla Marini
collaboratrice

Camilla Marini è nata a Gemona del Friuli (UD) nel 1973, vive a Milano dove lavora da vent’anni come giornalista freelance, scrivendo prevalentemente di cucina, alimentazione e viaggi. Nel 2016 ha pubblicato la guida Parigi (Oltre Edizioni), dove racconta la città attraverso la vita di otto donne che ne hanno segnato la storia.


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.