La sua storia nel film “The Reformist” della regista danese Marie Skovgaard, in arrivo alla Fondazione Pini di Milano
Quando la sua moschea ha aperto le porte, in un venerdì di preghiera a Copenhagen, ha subito dichiarato i suoi intenti: sfidare le struttura patriarcali all’interno delle istituzioni religiose.
Stiamo parlando di Sherin Khankan, primo imam donna della Scandinavia che, con un’altra donna imam, ha dato vita alla Mariam Mosque nella città danese. Un luogo aperto alle donne, dove i riti vengono officiati da donne, ma pronto ad ospitare, naturalmente, anche esponenti dell’altro sesso. Diversi matrimoni sono già stati celebrati al suo interno e una carta matrimoniale di sei pagine governa la filosofia del luogo, a base di principi inviolabili: la poligamia non è un’opzione; le donne hanno il diritto di divorziare; un matrimonio sarà annullato se viene commessa violenza psicologica o fisica; e, in caso di divorzio, le donne avranno pari diritti sui bambini. La sua storia comincia in un’infanzia accompagnata da una madre finlandese di religione cristiana e un padre siriano di religione islamica che la crescono secondo i valori di entrambe le realtà cui appartengono, ma sempre con un grande rispetto per la donna e le sue libertà.
A dare spazio a un islam al femminile non è la sola: in Cina ci sono state imam donne dal 19° secolo, in Inghilterra esistono già realtà condotte al femminile e la moschea di Copenhagen si inserisce in un movimento mondiale piuttosto vasto, che fa riferimento a un Islam spirituale, moderno con l’idea di dare voce a una realtà alternativa, senza delegittimare le altre.
Ecco, proprio su questa voce alternativa la regista danese Marie Skovgaard ha deciso di girare un film. Il risultato è The Reformist, un lungometraggio dedicato a Sherin, “femminista rivoluzionaria”, come la definisce lei. Imam e regista entrano in un contatto profondo, mossa da curiosità e da quella deformazione professionale dei cacciatori di storia la seconda, interessata a vedere cosa sarebbe venuto fuori la prima. Così comincia da subito una collaborazione e il piccolo nucleo di fedeli intorno alla Moschea Mariam consente a Marie di partecipare ai loro incontri e filmare. Le cose si complicano un pochino con l’allargamento dei partecipanti, ma Marie non perde mai il contatto con quella realtà. Ne viene fuori un film documentario che pone l’accento sul presente, non tanto sulla vita di Sherin, piuttosto sul bisogno delle donne di avere accesso a un luogo come quello. O forse della forza di una donna capace di cambiare lo status quo.