Il ritrovamento di un osso umano appartenente a un bambino vissuto un milione e mezzo di anni fa riapre gli studi sulla nostra storia
L’ideologia sionista ha sempre messo molto in enfasi l’importanza del lavoro fisico della terra d’Israele come mezzo per ristabilire, dopo secoli di diaspora, un legame con le proprie antiche radici. Tuttavia, neanche Izy Mirensky avrebbe potuto immaginare che quelle radici sarebbero potute affondare fino a 1 milione e mezzo di anni fa, quando nel lontano 1959 arava col suo trattore il campo di un kibbutz sulla valle del Giordano.
Mirensky si accorse che fra le zolle di terra dissodate dal suo trattore c’erano degli oggetti che sembravano essere, ad occhio nudo, strumenti di vario genere ed ossa apparentemente antiche. Dopo aver raccolto tutto in una scatola, porto’ il piccolo tesoro a degli esperti, i quali, in breve tempo capirono che in quel luogo non sarebbero piu’ stati piantati i pomodori, perché Ubeidya era, sulla base dei ritrovamenti, il sito archeolgico piu’ antico in Israele ed il secondo al mondo dopo la Georgia. Fra quegli oggetti e ossa c’erano, infatti, tracce di una presenza umana ed animale di 1 milione e mezzo di anni fa.
Nei seguenti decenni si susseguirono diverse spedizioni archeologiche e nella stagione degli scavi del 1997 partecipò una giovane dottoranda, di nome Miriam Belmaker. Oggi possiamo rivolgerci a lei come “Prof.ssa” Belmeker, paleoantropologa dell’Universita’ di Tulsa (USA), la quale ci spiega che il fatto che circa mezzo milione di anni fa la nostra zona subi’ movimenti tettonici, eruzioni vulcaniche e terremoti, abbia creato le condizioni per la formazione di strati geologici antichi che si inclinarono in modo tale da trovarsi oggi sulla superficie della terra sotto ai nostri occhi – disposti un po’ come dei libri appoggiati su uno scaffale perche’ non cadano.
La Prof.ssa Belmaker, interessata alla zoologia preistorica, ha scoperto così che in tutta l’area esistevano animali ormai totalmente estinti, come specie di grossi cani, giaguari o grandi gazzelle. Ma ha anche visto che c’erano animali che esistono ancora oggi, anche se non in Israele – come le giraffe. Risulta che nello stesso ambiente vivevano insieme specie di animali che oggi invece si trovano solo in continenti diversi: Africa, Asia ed Europa. La scoperta di Prof. Belmaker che ha però riscosso maggiore attenzione scientifica è avvenuta, come spesso accade, quasi per caso.
Ognuno decide il miglior modo per passare le proprie vacanze: chi va al mare, chi in montagna, chi per musei. La Prof.ssa Belmaker invece, ogni volta che viene a trovare la sua famiglia in Israele, si sofferma anche nel laboratorio dove si trovano i reperti scoperti a Ubeidya per aprire qualche scatola ancora da analizzare. Cosi’, durante le vacanze di qualche anno fa, il suo sguardo cadde su una scatolina messa da parte durante gli scavi degli anni ’60 con su scritto a penna “HOMO?”: aprendola trovò un osso: il piu’ antico osso umano ritrovato in Israele.
Da questo momento entra in gioco il Dr. Aron Barash, specializzato nell’anatomia e l’evoluzione umana della facoltà di medicina della Bar-Ilan University, il quale, con l’aiuto di sofisticati strumenti, di analisi, di ricerche parallele e di diversi studi scientifici, identifica l’osso come parte di una vertebra di un bambino di circa 6-7 anni. Alcuni elementi però non quadrano o hanno aspetti contraddittori: ad esempio il fatto che questo bambino piccolo di età, pare fosse alto come un adulto: circa 1.70 cm…
Come spiegare questo paradosso? Che storia ci puo’ raccontare il bambino di Ubeidya?
E’ generalmente accettato che il ritmo della crescita umana è molto veloce fino ai 6 anni circa, e che poi avvenga un rallentamento, seguito da un altro salto della crescita intorno alla pubertà. Negli animali invece la cosa è diversa: questi crescono dalla loro nascita fino a raggiungere una crescita massima e poi si fermano. Che il bambino di Ubeidya ci insegni perciò che almeno 1 milione e mezzo di anni fa il ritmo della crescita umana era più simile a quella degli animali rispetto a ciò che conosciamo oggi? E se così fosse, quando cambia il ritmo della crescita nella nostra evoluzione?
Un’altra conclusione alla quale è arrivato Dr. Barash grazie al pezzo della vertebra del bambino di Ubeidya riguarda la migrazione degli ominidi dall’Africa e la loro successiva diffusione, la quale non avvenne in una sola ondata, ma almeno in due, se non di più. Secondo i ritrovamenti paleontologici i nostri lontanissimi antenati uscirono dall’Africa ed arrivarono in Georgia circa 1 milione e 800 mila anni fa, mentre la seconda ondata dall’Africa arrivò in Israele circa 1 milione e mezzo di anni fa; la differenza dei ritrovamenti delle due ondate indica l’esistenza nello stesso periodo (considerando che nel conto delle ere geologiche 300.000 anni sono un batter d’occhio…) di specie diverse di ominidi e mostra che la migrazione avvenne in più fasi e forse da questi differenti gruppi si sono poi evolute specie diverse.
Dobbiamo ringraziare il bambino di Ubeydia perché in seguito a queste scoperte è rinata la volontà di rinnovare gli scavi in quel sito, studiato solo superficialmente, forse all’1% del suo potenziale; quel che e’ certo, e’ che ancora tante sorprese, importanti domande e (speriamo) innovative risposte attendono di venire presto alla luce.
Estremamente interessante